Eccoci a continuare questo viaggio all’interno di un’ottica da fucile. Dopo aver acquisito i termini base nella scorsa puntata ci addentriamo un po’ più nello specifico.
IL TUBO
Le ottiche da fucile sono in alluminio aeronautico, la struttura esterna è denominata tubo e può avere il diametro di un pollice o da 30 mm con conseguenze sulla quantità di luce che si può incanalare (a diametro maggiore corrisponde maggiore luce) e all’interno contiene i meccanismi che consentono i movimenti di alzo e deriva. Normalmente l’obiettivo ha un diametro maggiore rispetto all’oculare fatta eccezione per le ottiche da battuta. La parte anteriore allargata si chiama campana, questa parte appunto non la ritroviamo nelle ottiche da battuta che hanno invece un obiettivo di diametro inferiore rispetto all’oculare.
ALZO E DERIVA
Il reticolo verrà posizionato su uno dei due piani focali e sovrapponendosi all’immagine inquadrata fornirà al tiratore di prendere la mira, stabilendo il punto di impatto del proiettile sul bersaglio.
Le regolazioni di alzo e deriva sono possibili grazie ad un complesso di lenti che formano l’erettore all’interno di un secondo tubo in grado di inclinarsi e muoversi comandato dalle torrette esterne e da una molla di ritorno. Grazie a questo meccanismo si può variare il punto di mira facendo sì che il reticolo resti sempre al centro dell’immagine. Se avvitiamo le torrette il tubo interno viene spinto e trattenuto nella giusta posizione, se invece le svitiamo (ovvero le ruotiamo in senso antiorario), il tubo interno viene riportato a contatto con le teste delle torrette della molla di recupero. Un fattore di qualità è dato dalla forza della molla di recupero che deve essere piuttosto bassa così come la testa delle torrette deve agire sulla superficie curva del tubo dell’erettore. Se agiamo su una delle torrette, anche il punto di contatto sull’altra si sposta e questo può causare movimenti non voluti. Le superfici di contatto nel tempo possono consumarsi, rovinarsi o deformarsi a discapito della precisione delle regolazioni.
Un primo test per verificare la bontà della nostra ottica è quello di variare di un certo numero di clic la regolazione in un senso e poi riportarla indietro dello stesso numero di clic: il punto di impatto del proiettile deve ritornare esattamente dov’era all’inizio altrimenti l’ottica non sta lavorando correttamente. Altra parte critica è il giunto posteriore che fissa l’erettore all’altra estremità: meglio se tale giunto ha una superficie sferica e se è accoppiato con precisione ad una boccola registrabile con viti. L’alternativa sono i raccordi realizzati con materiali elastici, certamente una soluzione più economica.
Facciamo finta quindi che dentro alla nostra ottica ci sia un secondo cannocchiale più piccolo che si inclina verso alto/basso, sinistra o destra. L’unità di misura di questo spostamento normalmente è il M.O.A. ovvero Minute of angle. Un MOA equivale a 1/60 di grado angolare, normalmente si usa l’approssimazione di 1 MOA= 1 pollice a 100 yard ovvero 91 metri oppure 3 cm a 100 metri. Il movimento delle torrette lo si avverte tramite il clic sia con l’udito che col tatto. Ogni clic corrisponde in genere ad 1/4 o 1/8 di Moa, ma questo dato lo rileverete in base all’ottica che avete. Ciò significa che ogni clic corrisponde circa ad un cm a 100 metri. Altre torrette invece che i MOA usano i Mil ovviere milliradiante, quindi la millesima parte di un angolo ampio un radiante (57,3 gradi) che a 100 m corrisponde ad uno spostamento di 10 cm.
INGRANDIMENTO
Parliamo ora dell’ingrandimento dell’ottica: aumentando il fattore di zoom le due lenti interne dell’erettore avanzano, se diminuiamo lo zoom, si ritraggono. Se notate la testa di una vite che fuoriesce dalla ghiera di regolazione del fattore di ingrandimento, si tratta di un perno passante che agisce sul tubo esterno all’erettore. Ruotando la ghiera dello zoom si va a ruotare il tubo che contiene l’erettore e di conseguenza le due lenti interne. Se il reticolo si trova sul secondo piano focale, qualsiasi movimento indesiderato di una delle due lenti comporterà un disallineamento del punto di mira.
Il cannocchiale proietta al suo interno un’immagine che sarà a fuoco ad una distanza stabilità, tale immagine sarà sfocata a tutte le altre distanze. Molti modelli hanno la correzione della parallasse tarata a 100 metri ciò significa che un bersaglio a 50 a 150 metri apparirà non bene a fuoco, quando aumenta l’ingrandimento la difficoltà sarà maggiore e quindi è necessario che l’ottica abbia un dispositivo che consenta la messa a fuoco a differenti distanze. Alcune ottiche hanno la correzione della parallasse sulla campana anteriore ovvero tale obiettivo viene montato su una ghiera filettata contrastata da una grossa molla a spirale, se si ruota la ghiera estendendo in avanti l’obiettivo si mettono a fuoco i bersagli più vicini, mentre se si ruota in senso antiorario (quindi facendo rientrare la campana) si mettono a fuoco i bersagli più lontani. Più comodo risulta il sistema della terza torretta, dedicata alla parallasse. Tale ghiera comanda un braccio che avvicina e allontana una lente interna aggiuntiva. Questa lente spostandosi in avanti mette a fuoco gli oggetti vicini, spostandosi all’indietro mette a fuoco gli oggetti lontani, tutto ciò intercettando la luce che passa all’interno del tubo dopo aver attraversato l’obiettivo dello strumento.
Le vostre conoscenze iniziano a prendere una forma definita? Ebbene non abbiamo ancora finito questo training che vi consentirà di stare al discorso con armieri e professionisti, vi aspettiamo per l’ultima parte, non mancate!